Santorini

Di aria, natura e vita.

Maggio, 2022

Santorini val bene un week end, lungo possibilmente, quelli dell’aereo il giovedì sera, o meglio ancora, col lunedì appresso, con la storia già pronta su Instagram, lazy monday, e giù tutti a morire di invidia. Disposta lì, in mezzo al mediterraneo, insieme a un gruppo di amiche. Lontane, neanche troppo, dalla terra ferma, da pensieri e paranoie. Minuscole macchie, disseminate tra il blu del mare, che vien difficile scegliere. La storia è sempre quella, spiagge da sogno, bianche casette, curvi tetti blu, verdi distese. Olio, vino, pomodori.  Tram tram lento e godereccio. Insalata a pasto, grigliata la sera. In mezzo, mare, tintarella, libri e ozio. Il periodo è di bassa stagione e gli aerei ovunque economici. Scelta ardua. Caccia alla nota fuori posto, originale, anticonformista. Ricordi, sparsi e frammentari, indugiano su Santorini. Qualche pagina di una libro, un film, chi lo sà. Come le altre, sì. Una piccola perla, sì. Ma con un lato schivo, selvaggio. Qualcosa di meno convenzionale. Poca festa, tanta natura. Meno ciringuiti, più fai da te. Elementi di rottura… Basta così, convinti, si va.

Santorini val bene un week end, con due ruote ed un casco. Scritto da chi non è avvezzo a giubbotti, centauri e velocità. Risulta necessario, indispensabile, per viverla, godersela, amarla. Come un buon vermouth nel negroni, il salame piccante sulla pizza, come Inzaghi ad Atene. Strade disegnate per motocicli, curve buone, leggere. Contorni mozzafiato. Vigneti, olivi, terra coltivata. Cemento, poco. Dimore disperse, squadrate. Contadini chini, aggrappati ai loro attrezzi, la pelle che porta i segni del sole. Un’altra curva, si sale. Accelera. Un tornante e si scollina, giù veloce, verso il mare, lo si intravede, là in fondo. Aspetta un momento, frena, accosta, spegni. Sulla sinistra, una taverna. L’aspetto scalcinato, esteriore, nasconde una vista sbalorditiva, interna. La sedia scomoda, in legno e vimini, rattoppata chissà quante volte. La tovaglia di carta, a scacchi bianco-blu. L’oliera in legno, pittata. Comodo, altroché, lo sfondo, il panorama, da andare in fissa, con un ghigno involontario disegnato in volto. Il verde battaglia col blu, una linea nitida, a dividere cielo e mare, aria e terra. Un morso, contemplando. “Passami l’humus per favore.” “Vuoi altro formaggio?”

A pancia piena, di nuovo in sella, per svaccarsi al sole e dire oh, questa è vita. Il rifrangersi delle onde come colonna sonora. Eccola la stonatura, l’irregolarità, l’uscita dal dogma. Muri e sabbia rossa, a creare uno scenario unico. Spiagge scontrose, poco affettuose, non certo bianche e infinite distese. Colori ancor di più assurdi. Sabbia nera, vulcanica, non unica certo, ma particolare, comunque diversa. Qui Santorini è lontana dalle canoniche cartoline greche. Si differenzia, si stacca, cambia parametri. Le spiagge raccontano la potenza della natura, la sua forza. Cariche di energia, non disposte a vincolarsi ai soliti cliché. Timida intromissione dell’uomo, disonesto affermare il contrario. Assenza, per lo più, di ferraglia, infrastrutture, grigi casermoni eretti lì sulla spiaggia, sgraziati e macroscopici, a deturpare, imbruttire, guadagnare e rovinare. Lo scooter arriva fino all’ultimo spiazzo, poi zaino in spalla si cammina su e giù per qualche sentiero. Accessi indiretti, non impossibili, a sottolineare la resistenza. Ci si congiunge, non ci si approfitta. Così, come dovrebbe sempre essere, probabilmente.

L’isola è vulcanica, buona parte coperta dalla caldera. Il mare lo si raggiunge, non sempre, non ovunque. Poco male. Il vento in faccia è vita, la mano destra ruota in giù, un poco ancora, per scoprire e assaporare, dall’angolo più remoto alle immagini da copertina. Paesi qua e là, arroccati, adagiati, abbaglianti. La trama è sempre quella, frena, parcheggia, spegni. Sù per le stradine di piccoli borghi, a camminare in luoghi senza tempo. Turisti che faticano a cogliere la bellezza che li avvolge. Si deve correre, nella spasmodica ricerca di quello spot visto mille volte. Che tristezza. I pollici che scorrono verso l’alto, sguardi inchiodati, capi curvi. Anziché cercare la via meno facile, l’imprevisto. Godere della scoperta. Vivere, prima di fotografare, di registrare. Macché. Poveri loro.

La luce muta, il sole cala, di forza, di posizione. E’ giunta l’ora del tramonto. Felpina, motorello, tac. Tutti lì, tutti poeti stasera. Birretta e braccio largo, ad abbracciare la morosa, l’amante, l’amico. Citazioni promiscue, promesse, bugie.  La palla infuocata cala nel mare, saluta e porta con sé desideri e rimpianti, illusioni e fioretti. Fatti bene, fatti male, poco importa. Slanci romantici, suvvia, roba che fa comunque stare bene.

Infine c’è la faccia di Santorini, quella vista e stravista, quella delle cartoline, l’immagine veicolata che prima balza in testa, pronunciando il solo nome. Disprezzare è roba da stupidi. Andare oltre, idem. Merita, per chiudere il cerchio, perché è affascinante. Un gioiello incastonato tra il bianco e il blu. Tra un dedalo di viuzze infinite, tra orientali disposti a fotografare la qualunque e modelle dai lunghi abiti, svolazzanti sui tetti delle case. Belle tuse loro, bella l’atmosfera, bello come l’offerta dei servizi sia subordinata al un’architettura unica, un luogo magico. Ammirare in silenzio, grazie. Piscine naturali con lo sguardo sulla caldera. Tramonti da mille e una notte. Vien voglia di aprire il portafogli e regalarsi una vista, una notte così. Oggi no, domani chissà.

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